"We are now living in a G-Zero world, one in which no single country or bloc of countries has the political and economic leverage - or the will - to drive a truly international agenda. The result will be intensified conflict on the international stage over vitally important issue, such international macroeconomic coordination, financial regulatory reform, trade policy, and climate change.This new order has far-reaching implications... waiting for the current era of political end economic uncertain to pass. Many of them can expect an extended wait."

Iann Bremmer and Nouriel Roubini
"A G-Zero world" - Foreign Affairs - March/April 2011



giovedì 29 novembre 2012

Anche in Cina e' febbre da "Shale Gas".

Secondo informazioni fornite dalla rivista cinese Caixin, che riporta dati tratti da un libro bianco del governo cinese, la Cina ha in programma di produrre 6,5 miliardi di metri cubi di shale gas entro il 2015, nel tentativo di contribuire corposamente ad alleviare la mai sopita sete di energia dell'ex impero di mezzo. Mentre quella di acqua potrebbe, di converso, aumentare.

L'enorme produzione prevista sarebbe realizzata mediante l'attivazione di 1.380 strutture produttive che si trovano in aree che gia' soffrono di mancanza di adeguate riserve di acqua, con ulteriore aggravio delle condizioni ambientali del paese. L'acqua rappresenta un elemento essenziale per la produzione di gas dal frazionamento delle falde e dai sedimenti rocciosi che lo imprigionano ed e' tutt'altro che abbondante in Cina, che ne dispone, infatti, solo del 6% di tutte riserve idriche mondiali. Un quarto di quella media per ciascun abitante della terra, secondo i numeri della Banca Mondiale.

martedì 27 novembre 2012

Si affievolisce il ruolo di "manipolatore di monete" della Cina

Lo dice Ed Dolan in un recente approfondimento apparso sul sito Economonitor. I dati statistici presi in esame mostrano un appiattimento della crescita delle riserve cinesi di moneta estera, la principale prova dell'attività manipolatrice svolta dalla banca centrale cinese nei rapporti tra il dollaro USA ed il Renminbi.
La stabilità della moneta cinese degli ultimi mesi sarebbe infatti spiegata non da un intervento della banca cinese ma, dalle forze di mercato che reagiscono così all' incremento dei capitali in uscita dalla Cina ed al rallentametno delle esportazioni cinesi.

lunedì 26 novembre 2012

Brusco calo della crescita economica nel futuro prossimo della Cina

La perdurante crisi economica e la sua capacità trasfigurante degli attuali modelli economici, unitamente alla necessità di cambiare la formula sulla quale negli scorsi trent’anni si è basata la sua crescita a due cifre, non sembra debba necessariamente assicurare alla Cina quel radioso avvenire di assoluto leader mondiale che alcuni analisti hanno dato già per quasi raggiunto...

[leggi il resto dell'articolo su Limes]

martedì 6 novembre 2012

I paesi del "blocco" del Renminbi

Secondo una recente analisi del Peterson Institute for International Economics, dall'inizio della Grande Recessione, il Renminbi è sempre di più la moneta di riferimento in Asia Orientale. Secondo quanto rintracciato dallo studio, infatti ben 7 monete nazionali sui 10 dei paesi che compongono questa parte dell'Asia fluttuano quasi in unisono con la moneta cinese ed appaiono sempre più distanti dal percorso del dollaro americano. Gli autori dello studio descrivono questa realtà come un vero e proprio "blocco del renminbi",  formato, oltre che ovviamente dalla Cina, da Corea del Sud, Indonesia, Taiwan, Malesia, Singapore e Thailandia.

Hong Kong, Vietnam e Mongolia, sono ancora da considerarsi , invece, nell'orbita del dollaro americano.

Il formarsi di un blocco dipende da ovvie scelte economiche operate da paesi che formano un mercato sul quale dal 1993 ad oggi la quota commerciale di Pechino è salita dal 2 al 22%.

secondo le previsoni fatte dallo studio, il blocco del renminbi potrebbe presto affermarsi anche oltre i confini dell'Asia per ricomprendere al suo interno paesi quali India, Cile, Israele, Sudafrica ed anche Turchia, nei quali l'importanza della moneta cinese sta sfidando quella del dollaro statunitense.

Interessante è osservare la controtendenza della forza dell'economia - a favore della Cina rispetto alla rinnovata politica di Obama di rafforzamento della posizione delle forze di sicurezza a stelle e strisce nella stessa zona geografica, conosciuta come pivot-to-Asia strategy, alla quale Robert S. Ross, rivolge da ultimo critiche piuttosto aspre dalle colonne di Foreign Affairs.


giovedì 1 novembre 2012

Gli USA sono preoccupati per il rallentamento economico della Cina

Le preoccupazioni degli USA sul rallentamento economico della Cina sono apparse evidenti lo scorso agosto con l'analisi della Federal Reserve di Dallas che presentava la possibilità che il procedere sempre più lento della crescita economica in Cina in realtà fosse ben maggiore (4-5%) di quanto le cifre ufficiali mostravano (7,6%). Non era per la prima volta che si esprimevano dubbi sulla obiettivita' dei dati statistici di fonte cinese. Sempre gli americani avevano evidenziato più o meno gli stessi dubbi già alla fine del 2009, quando apparve prossima l'uscita uscita dal tunnel della crisi. Si accumulano, intanto le osservazioni ai commenti che vedono in prospettiva la continuazione di una crescita stellare della Cina.
Le preoccupazioni che il Financial Times commenta con un articolo di ieri, sono di tipo diverso. Non sembra esserci traccia di volonta' competitiva, nessuna invidia verso il principale "concorrente", quanto piuttosto la partecipazione ad un dubbio che e' preso in considerazione dagli stessi analisti cinesi, e cioe' che la ristrutturazione non solo del sistema economico, ma anche di quello politico, necessaria se si vuole garantire all'Impero di mezzo un futuro da super potenza sostenuta da una classe media collaborativa, possa non essere a portata di mano della nuova compagine governativa chiamata fra una settimana a gestire la seconda economia del pianeta. Per gli americani e' un po' come guardarsi allo specchio.